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Spettacolo a Roma

15 ottobre 2020
Nova Amadeus accademia d'emozioni
Il direttore artistico Giusi Petti racconta la sua orchestra

Giusi Petti direttore artistico dell'orchestra Nova Amadeus ripercorre, dopo il concerto che ha omaggiato Giovanni Battista Pergolesi, compositore settecentesco, le emozioni degli esordi musicali, i suoi primi concerti, la sua filosofia musicale e il percorso artistico dei suoi artisti.

Quando ha iniziato ad amare la musica classica?

«Non so esattamente quando; a 4 anni ho iniziato un corso di danza classica, a 9 lo studio del pianoforte e a 11 ho cominciato a studiare il violino. Credo di averla amata da sempre e continuo ad avere un amore smisurato per la musica classica».

Quali emozioni ha provato nel primo concerto della sua carriera?

«Mi tremavano le gambe prima di salire sul palco e hanno continuato a tremare fino al momento in cui ho poggiato l’arco sulle corde del violino, poi la musica ha fatto da padrona».

Lei è il direttore artistico della Nova Amadeus, qual è la filosofia musicale che ha scelto per l’orchestra?

«Le mie linee guida sono da sempre qualità, eleganza e reputo fondamentale l’armonia, quale elemento fondante per la coesione di tutti gli artisti impegnati per la buona riuscita dei nostri eventi».

Che messaggio musicale sogna di trasmettere al pubblico?

«Il messaggio è intrinseco nella musica che noi eseguiamo. La buona riuscita di un concerto dipende anche dalla nostra capacità di trasmettere al pubblico una ampia gamma di emozioni. L’orchestra di fatto è quell’elemento che converte le note scritte sulla carta in reali emozioni, passioni e suggestioni. L’artista diventa elemento unico, fondamentale e autentico».

Quali sono le rappresentazioni artistiche della Nova Amadeus che porta nel cuore?

«Ce ne sono diverse, da essere dirette da grandi direttori, ad accompagnare grandi artisti come Carreras, Caballé, Bocelli e altri, a calcare palcoscenici e teatri importanti in Italia e nel mondo, ma forse quello più toccante e commovente è stato il concerto eseguito nel 2012 presso la Casa circondariale di Rebibbia a Roma».

L’orchestra ha suonato in tutto il mondo, tra questi concerti internazionali ce n’è uno che ricorda maggiormente? E perché?

«Ogni concerto lo ricordo con entusiasmo, ma forse quello più suggestivo è stato nel 2009 a bordo della nave scuola degli allievi ufficiali Amerigo Vespucci ancorata al porto di Tunisi. Credo non ci sia null’altro da aggiungere».

Quali criteri artistici adotta nell’impostare un concerto?

«A seconda dell’autore che dobbiamo eseguire, scelgo gli artisti e la compagine orchestrale secondo la specializzazione di ognuno di loro, fermo restando che esiste da sempre un gruppo “stabile” di musicisti che compongono l’orchestra».

Cosa significa, per lei, divulgare la musica dei grandi compositori classici?

«È lo stesso intento che hanno per la conservazione del Colosseo a Roma, della valle dei Templi ad Agrigento, degli scavi di Pompei, della Cappella Sistina, del Cristo Velato a Napoli, dell’Ultima Cena a Milano, perché sono patrimonio di tutti, alla stregua dei grandi patrimoni dell’umanità».

Quali sono i progetti futuri della sua direzione artistica?

«In questo momento storico è un po’ arduo fare progetti futuri, ma la presidente e io siamo cautamente ottimiste. Sto già lavorando per organizzare la 29esima stagione concertistica. Nel 2021 ci saranno le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri e stiamo approntando un concerto multidisciplinare coinvolgendo musica, poesia e danza. Altro non dico per scaramanzia!».

C’è un sogno artistico che vuole realizzare assieme alla Nova Amadeus?

«Vorrei poter mettere in scena la Turandot di Giacomo Puccini».


articolo inserito da: Matteo Quaglini
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