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Sociale a Roma 28 marzo 2020 Villa Pullè, un affresco in riva all’Adige Omaggio al Veneto, una delle regioni più colpite dal Covid-19 Un piccolo omaggio culturale al popolo veneto, in un
momento drammatico. Di cosa parliamo? Di una villa tra duemilacinquecento anime. Avete
capito bene. Questo è il numero ufficiale dei residenti di Chievo, piccola
frazione (quartiere) di Verona. Per lunghissimo tempo un borgo isolato a due
passi da Verona. E questo già la dice lunga. Radici chiarissime: immaginate il
classico paesaggio sconfinato, diremmo rilassante, sperduto sulla riva destra
dell’Adige, tra valli e campi da coltivare, come uno di quegli affreschi che
osservi per ore non tanto per il disegno, quanto per la serenità che regala. Nasce qui, agli inizi del XVII secolo, Villa
Pellegrini Marioni Pullè. Patrimonio culturale, dal 1968 di proprietà
dell’Inps. Una villa in stile neoclassico, una storia di prestigio e abbandono,
di sfarzo e degrado quella che l’ha caratterizzata in questi secoli. In origine di proprietà della famiglia Fattori, di estrazione alto borghese e
titolare di gran parte dei terreni del piccolo borgo veneto, la villa cambia
proprietà soltanto alla fine del XVIII secolo. Quando, per ingenti problemi
debitori, viene venduta a Tommaso Pellegrini, cugino di Ignazio Pellegrini, che
pochi anni prima aveva avviato i principali lavori architettonici, i cui tratti
fondamentali sono riconoscibili tuttora. La villa è sede di soggiorni sfarzosi
e regali. Per citarne alcuni: Maria Beatrice d’Este e Ferdinando Carlo
d’Austria vi soggiornano intorno alla metà degli anni settanta del XVIII
secolo, al pari dell’imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena. Sempre in quegli
anni vengono completati, ad opera del pittore veronese Angelo Da Campo, gli affreschi
interni. Poi, il declino. Lento e inesorabile. O quasi. Nei
primi anni del XIX secolo la villa viene requisita dall’amministrazione
napoleonica, per poi essere abbandonata per lunghi anni. Fino alla fine del
secolo, più precisamente fino al 1873, quando Leopoldo Pullè, politico ricco e
scrittore di successo (a cui è intitolata oggi la villa), decide di comprarla e
di restituirle, con diversi lavori di restauro, se non l’infinito splendore
settecentesco, quantomeno un prestigio degno del suo passato. Nel decennio finale del secolo, ospitò anche re
Umberto I di Savoia, figlio di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. Poi, come detto, il triste finale. Nel periodo
pre-fascista viene venduta agli Istituti ospedalieri di Verona. Dopo è solo un
malinconico trascinarsi, fino al totale decadimento dei nostri giorni. Anzi, fino a pochi anni fa. Quando sono stati avviati
finalmente i lavori di restauro. Che non ci restituiranno di certo i lussi e i
sapori dell’epoca, ma un po’ di cultura e serenità, quella sì. Già, come l’affresco di una villa in riva all’Adige,
nel dramma di giorni strazianti.
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