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Cultura a Amatrice 17 maggio 2021 Viaggi in Sabina: Amatrice Quarta tappa del nostro percorso tra le bellezze della regione Nostalgia e dolore.
Queste sono le prime emozioni che proviamo quando sentiamo nominare la cara
Amatrice. Inutile nascondersi dietro un dito, fare finta che quel maledetto,
devastante e lacerante terremoto del 2016 non sia ancora nei cuori sanguinanti
di tutti gli abitanti, nel ricordo di parenti e amici lasciati lì, sotto le
macerie, insieme allo struggente addio a case storiche, un tempo simbolo di
tutta la comunità. Le nostre parole ed
emozioni però, non vogliono entrare soltanto nei ricordi indelebili. Vogliono essere una vera
e propria denuncia. Noi denunciamo a squarciagola cinque anni di assenteismo
istituzionale post terremoto, denunciamo ritardi colpevoli e drammatici
nell’opera di ricostruzione cittadina, intesa anche, ovviamente, dal punto di
vista economico, per la ripresa di tutte quelle attività lavorative locali, che
oltre a dar lustro al territorio, davano cibo a tante, troppe famiglie
dimenticate. Abbandonate e vittime di
finti proclami politici di ogni colore, che promettono e non mantengono,
cercando consensi tra gente avvolta dalla disperazione così, da un giorno
all’altro. In pochi istanti, cinque
anni fa, è scomparso un vero e proprio gioiello, sotto tanti punti di vista che
ora analizzeremo nel nostro quarto viaggio nella Sabina. Prima però, ancora una
volta, vogliamo sottolineare che in questo lungo periodo si è fatto poco o
nulla, che la ricostruzione procede a rilento, non rispettando peraltro alcun
legame strutturale con la “vecchia” Amatrice. Chiediamo, a gran voce, che la
ricostruzione proceda più velocemente e soprattutto nel rispetto dei vincoli
paesaggistici, storici e geografici. Detto questo, partiamo. Amatrice sorge su un
antichissimo centro della Roma arcaica, adagiata su un colle lungo la valle del
fiume Tronto. Prima fu un importante
feudo longobardo, anche per la posizione geografica che offriva buone garanzie
di difesa, poi, fino alla metà del basso Medioevo, passò sotto il dominio
pontificio. Dalla seconda metà dell’epoca tardo medievale il re Manfredi di
Svevia riuscì a sottrarla alla Chiesa per farne uno snodo cruciale del regno di
Sicilia. La sua storia è lunga e
piena di improvvisi “colpi di teatro” e cambi di scenario. Più in là con gli
anni, Amatrice divenne un ricco feudo della nobile famiglia degli Orsini e poi
di quella dei Medici. È patria, ovviamente, dei
“bucatini all’amatriciana”, prelibatezza culinaria che ha esportato nel mondo. Dal punto di vista architettonico
e artistico c’era (purtroppo, ora, dobbiamo parlare al passato per gran parte
delle opere) di tutto. La chiesa trecentesca di
San Francesco, certamente il fiore all’occhiello, con la facciata aperta da un
portale gotico arricchito da sculture in terracotta e un interno ornato da
affreschi del XV secolo. La chiesa di Santa Maria
del Suffragio, esempio splendido di barocco. Poi, la chiesa medievale di Sant’
Agostino. Quel che ci resta,
stavolta, è un viaggio segnato dal dolore. La speranza, d’altronde, va
supportata dalla volontà. Quella latitante in chi
ha promesso e non mantenuto.
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