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Cultura a Roma 06 agosto 2021 ''Il crimine del secolo'', si torna a parlare del caso Orlandi Intervista all'autore del libro, Fabrizio Peronaci Siamo
entrati ormai nel vivo dell’estate 2021, segnata ancora dalla paura del Covid-19
e della sua variante Delta, e da molta incertezza sulla ripresa autunnale, ma
in questo momento (per molti ma non per tutti) di ferie agostane mi sento di
consigliare un libro, edito da Fandango, che senz’altro potrà rendere più
interessante starsene sotto un ombrellone in spiaggia oppure riposarsi nella
penombra di una stanza nel cuore di Roma. Stiamo parlando de “Il crimine del
secolo” di Fabrizio Peronaci. A tal
proposito abbiamo rivolto in esclusiva delle domande all’autore del libro, giornalista
professionista, che dal 1992 lavora al Corriere della Sera, nella sede di Roma,
dove è capo servizio e si occupa di inchieste e multimedialità. Ha seguito,
prima da cronista di nera e poi da responsabile del settore, i principali
gialli ambientati nella capitale.
Benvenuto all’autore
de “Il crimine del secolo”, Fabrizio Peronaci. Rispetto ai sui scritti
precedenti sullo stesso tema, in questo libro compie un passo in avanti grazie
alle sue ricerche?
Direi che il
mio ultimo libro racconta le vicende più tragiche dell’ultimo scorcio del novecento,
e in particolare quelle rimaste nel cuore dell’opinione pubblica, ovvero l’attentato
a Giovanni Paolo II (1981) e le successive scomparse de Emanuela Orlandi e di
Mirella Gregori, sono ad oggi eventi non spiegati ed avvolti nel mistero. Nel
mio ultimo libro si stabilisce una connessone tra questi fatti ed emergono
molti indizi, riscontri, ed elementi probatori. Dopo circa 40 anni ritengo che
ci sia la possibilità di comprendere sia il contesto in cui avvennero quei
fatti, sia il movente, e l’individuazione dei responsabili o almeno degli
ambienti ad essi collegati. In questo senso credo che ci siano forti elementi
di novità.
Con queste nuove
ricerche l’ago della bilancia si è spostato?
Nel lavorare
su questo libro mi sono pian piano convinto che l’ipotesi che Emanuela Orlandi,
figlia di un messo pontificio che lavorava a stretto contatto con Giovanni
Paolo II, possa essere ancora viva e quasi certamente è stata vittima di un
ricatto ordito e pianificato nelle alte sfere con la collaborazione di elementi
dei servizi segreti, da inquadrare nelle tensioni che all’epoca riguardavano
gli enormi scandali finanziari che fecero vacillare la Chiesa e anche con l’infiltrazione
di malavita organizzata ad alti livelli degli ambienti religiosi, in
particolare connesse al flusso di finanziamenti che dallo Stato Vaticano
partivano verso la Polonia per finanziare il sindacato cattolico Solidarnosc nell’ambito
della Guerra Fredda, visto che Giovanni Paolo II fu un “frontman” nella lotta
contro il comunismo internazionale, e dopo soli sei anni avrebbe vinto la sua
battaglia con la caduta del muro di Berlino. Ma questo ebbe probabilmente un
prezzo dal punto di vista di certe opacità e forti tensioni, ed una di queste
fu proprio il sequestro della Orlandi, che avviene due anni dopo l’attentato al
Papa del 16 maggio 1981, il cui movente non è stato ancora scoperto, ma si sa
solamente l’esecutore in piazza S. Pietro, ovvero il turco Ali Agca, anche se
ancora non si sa con certezza chi abbia armato la sua mano.
Ma se
Emanuela Orlandi fosse ancora viva, come ci hai detto poco fa, perché non mettersi
in contatto con la sua famiglia?
L’ipotesi è
che sia stata vittima di un trattamento che ne ha mutato completamente i connotati,
con trattamenti farmacologici, pressioni di carattere psicologico, forse
coercizioni fisiche. Tutte cose che su una ragazza all’epoca di 15 anni, ti trasformano
in una persona che immemore del suo passato. Però forse, visto il tanto tempo
trascorso, e nessun segnale di esistenza in vita che è arrivato in 38 anni, è
purtroppo più probabile che sia stata uccisa.
E sulla
figura di De Pedis, capo della Banda della Magliana, cosa ci dici legato questa
vicenda?
Gli atti istruttori
dimostrano che la Banda della Magliana ebbe un ruolo nella sparizione delle due
ragazze, ci sono stati molti indizi sul fatto che la gestione dei due giovani
ostaggi sia stata affidata a quello che all’epoca era il sodalizio criminale
che di fatto controllava Roma, qualsiasi attività illegale e criminale da
gestire sotto traccia finiva sotto il controllo della Banda della Magliana. Anni
dopo l’ex amante di De Pedis, fornirà una testimonianza, che per quanto
incerta, ci dà degli elementi fattuali sulla partecipazione della banda al sequestro.
Nelle mie recenti ricerche per il libro ho rintracciato altri elementi
significativi, per esempio nell’ottobre 1983 uno dei messaggi che arrivano in codice
fa riferimento alla Banda della Magliana, ed ai collegamenti tra di essa, la Massoneria
(quella vicina a Licio Gelli) ed i Servizi Segreti.
Se vi hanno incuriosito
le parole di Fabrizio Peronaci vi rinnoviamo l’invito a leggere questo suo
ultimo lavoro, “Il crimine del secolo” (edito da Fandango), perché come ci ha
rivelato vi si possono trovare diverse novità frutto delle sue ultime ricerche.
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