Noi giornalisti raccontiamo il territorio insieme ai cittadini che ci sostengono nel progetto
Avviate il 4 aprile le consultazioni al Quirinale, post elezioni, ora, da un prossimo Governo di Centrodestra (con Salvini premier) o di M5S (con Di Maio premier) il popolo si aspetta nell'immediato l'abolizione della Legge Fornero, l'abbattimento della pressione fiscale ed un piano radicale di rimpatri coatti, oltre alla tutela dei confini, la sicurezza, la tolleranza zero e finanche una nuova Legge sul lavoro. Noi tutti logicamente, però, ci aspettiamo lo sviluppo economico dell'Italia, di Roma Capitale e di tutti i Comuni della Città metropolitana nel Lazio. Infine, ma non di meno importanza, ci si aspetta l’abolizione dei privilegi (vedi senatori a vita e vitalizi connessi) e una nuova Legge elettorale che non garantisca solo poche famiglie e i soliti Patronati, ma che dia stabilità al Paese: dal Nord al Sud, passando per il Centro Italia che ancora si deve rialzare dalle macerie del terremoto.
Noi, giornalisti dell'Eco della Sabina, insieme ai cittadini del Nordest che ci sostengono e ci supportano, abitiamo e quindi raccontiamo il nostro territorio. E non è questo il rischio del mestiere: deontologia e comunicazione sociale sono i nostri imperativi, per un giornale che ha l'ambizione di essere vigile e presente. Conoscere per raccontare: il territorio e le persone che lo abitano sono risorse preziose per la comunicazione sociale. Fatti di vita quotidiana, piccole grandi storie di dignità e di rifiuto del conformismo, di educazione alla vita sociale e di ribellione alla marginalità. Raccontiamo storie che affiorano attraverso il racconto del sociale, attraverso la cittadinanza attiva, lo sport sociale, le relazioni, le attività del terzo settore. Occasioni per “abitare” il territorio e strapparlo al degrado e alla solitudine.
Il giornalista lo sa, abita e conosce il territorio, racconta storie di aperture, di incontro, di integrazione, perché la consapevolezza crea il cambiamento. Le chiusure no, lasciano le cose come stanno, “muffe e poteri”. Il racconto giornalistico, l'inchiesta e la denuncia diventano vulnerabili quando sono isolate. Se diventano un racconto collettivo, diffuso e ramificato su tutto il territorio, la consapevolezza e la verità hanno il sopravvento e si rafforzano. Per questo occorre rafforzare l'aderenza dei giornalisti al territorio, alla rete dei cittadini e delle organizzazioni sociali che lo abitano. Anche questo è comunicazione sociale: la scorta mediatica, la rete permanente dei protagonisti di diritti, di solidarietà, di partecipazione e di libertà. Come avvicinare cittadini e media? Come rafforzare la rete dei comunicatori sociali, i canali e le connessioni? Orgoglio e coraggio individuate non bastano: come rilanciare la funzione sociale del giornalista, quindi? Negli ultimi anni la comunicazione è cambiata in modo travolgente, nelle forme e nei contenuti. Da una parte la moltiplicazione dei canali, con l'avvento del web, la diffusione dei social network, la diversificazione dell'offerta televisiva, la sorprendente nuova primavera della radiofonia, il “cambiamento di pelle” della carta stampata con maggiore spazio ad approfondimenti e pagine monografiche a scapito della stretta attualità e cronaca, dall'altra parte l'affermazione di nuove attività, di informazioni e di eventi che non possono essere più letti esclusivamente con le vecchie lenti del risultato, della classifica e dell'ordine di arrivo, in caso si parli di giornalismo sportivo.